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Dopovirus


Sarebbe veramente il momento di ricostruire, come nel dopoguerra, un modo nuovo nel dopovirus.

Da una discussione sul rapporto familiare con la didattica a distanza, ho provato a mettere giù le mie idee e esperienze.

Parto da “lavoro in smart working” badate bene che non è la copia digitale del: “cartellino-8ore-cartellino”, personalmente posso dire di avere la fortuna di lavorare per una azienda che questo modo di lavorare ce l’ha nel DNA, lo conosce, lo capisce e lo applica e di conseguenza funziona. Quindi, sulla base di uno smartworking sano, che ha un orario ampio e flessibile, si deve prevedere ad oggi la concomitanza con la didattica a distanza, allora sì, si potrà ragionare sul vivere tutti insieme ai domiciliari. Altrimenti come stiamo vedendo, le cose non funzionano, ci stiamo mettendo una pezza, e si vede sempre di più, nei casi migliori uno dei due ne soffre, oppure sia il lavoro che la nuova scuola.
Ammiro gli insegnanti che si stanno impegnando, che hanno dovuto cambiare le regole e fanno fatica, ma una parte di colpa non è l’età o l’attitudine, è dovuta al sistema scolastico, che vedeva fino a febbraio la tecnologia relegata all’etichetta di “informatica”, e per qualche ora al mese: tanto i ragazzini ne sanno più di noi…

Vedo il mio figlio più grande arrangiarsi e riesce a seguire la scuola tramite il telefono: lezioni, notifiche, email, passa gli appunti in foto su whatsapp, pratico e veloce… ma la meravigliosa capacità tecnologica ha un limite, e purtroppo l’etichetta di nativi digitali attribuita ai giovani finisce subito fuori dallo schermo dello smartphone, quello dei nativi è più un appellativo che serve a identificare un target di mercato, non a una creatura in carne e ossa, perché se c’è un problema di rete, o l’hotspot non va, arriva il (sottoscritto) vecchio digitale a controllare e risolvere il problema, il nativo sa tappare bene sul touch, ma a volte non molto di più, conoscere le cheat di minecraft, ma questo non fa di lui un hacker, e in fondo non gli frega, ha sotto le dita l’equivalente di una Ferrari ma se apre il cofano, come funziona quel motore per lui è pura e semplice magia… “touch different” mi verrebbe da dirgli.

Mi dispiace per gli insegnanti, ma questo disastro li ha proprio trovati impreparati, non hanno ricevuto linee guida, o le beneamate procedure tanto care alla pubblica amministrazione.
Alcuni insegnanti aprono room, accendono a tool di video-conferenza, mandano link e chiedono agli alunni di salvarlo nei preferiti, chattano e si sono inventati anche delle regole per mantenere un rapporto educato anche a distanza e davanti a un computer.… Altri per far accedere a una lezione online, mandano istruzioni a un genitore, che a sua volta su una di chat di classe dei genitori manda (giustamente per non sbagliare), una foto del proprio schermo con il codice chiedendo di consegnarlo ai propri rispettivi figli, e aggiunge che però i compiti sono sul registro elettronico (che è un’applicazione), personalmente l’ultima cosa che ho chiamato elettronico con quel rispetto, era la battaglia navale che mi regalarono negli anni ’80.

Un dettaglio che secondo me determinerà quanto avremo capito della tecnologia nel dopovirus: è il futuro della LIM, la Lavagna Multimediale
È strano solo per me, dire oggi Multimediale?
Un oggetto che in realtà serve solo a far entrare gente al baraccone degli Open day scolastici, dove fa “pregio” il numero di LIM installate, ma nessuno, dico nessuno di voi vorrebbe in casa quell’affare, oggi vogliamo una tecnologia invisibile, poter dire a Google Home: “accendi il mio televisore (100 pollici) sull’ultima puntata della serie su Netflix…” non vogliamo una tecnologia contorta: proiettore-computer-multitouch. Multitouch… con quest’ultima parola fregate forse mia mamma, ma per poco, poi lei tira fuori l’iPad va su facebook e se ne dimentica. La LIM è già vecchia come concetto, e molti bambini (a casa si spera e non in classe) hanno un telefonino più veloce e comodo di un affare che richiede un corso di aggiornamento anche solo per essere acceso, che mostra il grado di scolarizzazione informatica del corpo docente, in fondo la LIM è un computer collegato a un proiettore, il gesso e la lavagna sono decisamente più smart e veloci, ve lo posso assicurare, non serve un corso e funziona senza energia elettrica.

Ho una piccola preoccupazione, questa quarantena o ottantena o quello che diventerà è una maratona, bisogna saper dosare le forze e anticipare o capire il passo, allora mi sono posto una domanda, ho un figlio che deve iniziare le elementari, la scuola sarà ancora in Didattica a Distanza, chi gli insegnerà a scrivere? Sembra che computer alla mano non ce ne sarà quasi più bisogno, ma siamo sicuri… Alunni di Medie e Superiori scrivono sempre meno, è un bene, è un nuovo passaggio didattico?
Io sull’argomento ringrazio ancora tanto Alessandra Farabegoli per avermi fatto conoscere Monica Dengo, che ha portato me e le mie mani nel mondo delle calligrafia, e nella possibilità non solo di scrivere bello, ma anche di scrivere bene. Ogni tanto ci provo, insegno ai miei figli a scrivere con la tecnica dello SMED, e vedo che a volerlo scrivono bene, dovrebbero solo esercitarsi, manca un tempo per la pratica, che è l’unica strada per acquisire anche velocità, altrimenti quello che insegno rimane solo per certi momenti, ma non per lo scritto di tutti i giorni, quello che serve per imparare e studiare.

Lo smart working non è la riproduzione pedissequa del lavoro a casa, ha bisogno di un tempo diverso e adattabile soprattutto ora che si deve unire con la disponibilità di noi genitori nel seguire e/o aiutare i nostri figli con la Didattica a distanza. Lo devono capire soprattutto quelle persone che sono imprenditori, e quelle che dirigono le aziende, sulla parte che tocca alla scuola sono più gentile, ne vedo l’impegno.

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